Recensioni

Il Primo Re

hovistounfilm primo re alessandro borghi recensione

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Il Primo Re, giacché parliamo di profezie, è stato un esempio di autoprofezia, avveratasi da sé. Lo si è infatti accolto come seme fecondo di un diverso cinema italiano… anche solo per averlo proclamato, pubblicizzato, come tale. Non che ci sia un inganno…è un progetto già diverso in partenza, per ambizione, parametri, intenzioni. Se però posso dirlo, pur con le sue caratteristiche personali, mi piace inserirlo in un filone ormai solido di pellicole che guardano allo spettacolo cool “internazionale” senza sacrificare né intelligenza né l’elemento tricolore (e penso a Mine, e penso a SQV, e penso a Jeeg Robot ed eccetera eccetera)

Ora, parliamo di un apparato tecnico/produttivo davvero IMPONENTE  e filologicamente attento; non si potrebbe che spendere buone parole su trucco, costumi, fotografia (del grande Daniele Ciprì) e il resto di una congerie di elementi che ci riportano non alla tipica Roma Hollywoodiana, ma per l’appunto a una Pre-Roma, in un tempo collocato tra i primitivi e l’URBS.

Va a finire però che il giusto orgoglio per un modus operandi poco frequente diventi invasivo : la produzione si mangia tutto e diventa primadonna.

Il Primo Re è la storia del gesto fratricida che pone le fondamenta di Roma: lo scontro tra i due fratelli diventa lo scontro tra due esigenze = l’una, sviscerare l’atmosfera pagana e violenta della leggenda; l’altra, imporsi come L’EVENTO di un diverso cinema italiano. Si dipana così il film tra punte alte di ispirazione alternate ad enfasi registiche telefonate. Ma per un film che non vuol problematizzare troppo il succo del discorso (la fiducia su degli Dei che possono realmente disporre dei destini umani) , bensì riprodurre fedelmente e crudelmente il passato…le enfasi sono TOSSICHE. Ecco da un lato l’efficacia della lingua latina, che già di per sé reca naturale solennità, dall’altro le fotografie che sottolineano il dettaglio (rimarcando ciò che l’occhio vede…e l’occhio stesso), da un lato le musiche diegetiche o che entrano perlomeno in un non scontato commento dialettico, dall’altro muscolari tamarrate orchestrali durante i combattimenti, da un lato la morale anti-razionale, beatamente lontana dalla nostra sensibilità, dall’altro i droni fighi, no, FAIGHI…ecco, tutto ciò che forma l’altra parte rende la messa in scena…una messa in  scena.

Da cui una domanda, sto assistendo alla grandezza di una leggenda, o alla grandezza di uno sforzo produttivo?

Non voglio per niente cadere nella banalità di ricorrere al paragone facile con Roma di Cuaron, la cui cinepresa, nonostante la virtuosità registica, sembra un occhio in mezzo a un mondo che si compie, invece di distogliermi in continuazione dalla simulazione pretesa…. non voglio proprio cadere nella banalità… però l’ho appena fatto

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Insomma, al netto degli applausi al film, avrei preferito anche DI MENO, un meno in linea con la natura cruda che vorrebbe porre questo racconto, che comunque le intuizioni davvero formidabili le trova. Forse avrei pensato di essere nel Lazio pre-cristiano con maggior continuità. Inevitabile esser curiosi della reazione estera: Cosa comunica Il Primo Re a chi non ha motivo di stupirsi per produzioni così “importanti”?

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L’elemento a mio avviso davvero esaltante è proprio il più scontato ed evidente: la Lingua Latina! Il Primo Re ci ricorda l’importanza fonetica delle lingue, perché in esse si sedimenta e si accumula lo spirito di un popolo, ed esse a loro volta lo alimentano. In questa Lingua sta l’economia comunicativa ma teatrale di chi deve sopravvivere ma al tempo stesso portar rispetto alla divinità, di chi non è pervaso dal sistema-civiltà ma che annusa qualcosa di grosso in arrivo. Il Pimo Re mi ha meglio fatto capire cosa intendeva Godard nel suo Histoire du Cinema, quando rubando la voce a Cocciante, plaudeva il cinema italiano anche in virtù della sua lingua

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Kalos!

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